Pazienza, questa sconosciuta

Salotto, 5 giugno 2020
La pazienza non è per nulla una mia virtù. L’attesa che qualcosa stia arrivando o che qualcuno si decida a fare qualcosa mi mette l’ansia. Ho sempre voluto tutto e subito. Poi però ho capito che a volte le cose non dipendono solo da me e mi tocca aspettare. Come quando compro un puzzle da 1000 pezzi e vorrei finirlo subito e invece mi tocca aspettare perché devo andare al lavoro. O quando vorrei di più da una persona, ma quella persona ha i suoi tempi.
Pazienza, come farsela venire?
La lunghezza di un minuto dipende dal lato della porta del bagno da cui ti trovi.
(Arthur Bloch)
Nell’epoca in cui con un “click” si ottiene subito ciò che si vuole, parole come attesa, pazienza, aspettare, sembrano stonare. Questi termini hanno diverse accezioni (disporsi all’arrivo di qualcosa o qualcuno, prendere tempo, prevedere che possa succedere qualcosa), ma sono tutte accomunate da un’unica variabile: la dimensione tempo.
Il disagio di cui parla Andrea è strettamente connesso al tempo e deriva dalla fatica di sopportare un’attesa troppo lunga.
Come gestire quindi l’ansia che ne deriva? Il primo passo è prendere coscienza che non tutto dipende esclusivamente da noi e non sempre le cose si possono controllare. La Natura ci pone di fronte questo limite diverse volte. L’attesa della nascita, il ciclo delle stagioni, le condizioni climatiche. Ma anche le relazioni interpersonali ci costringono a un confronto con l’attesa questa volta, “dell’altro”.
Preso atto dell’impossibilità di avere sempre ciò che si desidera quando lo si desidera occorre riflettere su come vivere il tempo dell’attesa. Guardando l’orologio e sperando che qualcosa accada o vivere questo tempo con l’orologio in tasca magari soffermandosi a guardare il paesaggio intorno? Quale delle due opzioni ci fa sentire meglio?
Per rispondere a questa domanda è necessario prendere coscienza di propri limiti, delle proprie risorse e degli elementi della propria realtà.
Facendo riferimento all’esempio di Andrea, un puzzle da 1000 pezzi richiede più tempo rispetto a uno da 50. Inoltre occorre capire quale possa essere la strategia più funzionale per completarlo (magari la stessa che si usa per un puzzle da 50 oppure una diversa).
Infine c’è un ulteriore elemento che occorre considerare quando dobbiamo fare i conti con il tempo dell’attesa: la delusione che non si verifichi quello che avevamo ipotizzato. Nel caso del puzzle esiste la possibilità che una tessera non si trovi. È un imprevisto che ci impedisce di ottenere il risultato desiderato, ma sappiamo che gli imprevisti capitano nei puzzle come nella vita.
L’ansia spesso è dovuta alla paura di non saper gestire il malessere che potremmo vivere se non otteniamo il risultato sperato. Diventa quindi importante riuscire a pensare anche a ciò che potrebbe succedere se si verificasse una conseguenza negativa e a tutte le strategie che potremmo mettere in atto per affrontarla.