Mamma: unica e molteplice

Cellulare, 8 maggio 2020
“Basta. Non ce la faccio più”. Mittente del messaggio: mia sorella Erika. Abbiamo sempre avuto un bellissimo rapporto anche se i nostri caratteri sono completamente diversi, così come diverse sono le nostre vite. Erika ha un lavoro stabile, si è sposata prima dei trent’anni e ha 3 meravigliosi figli: Luana di 14 anni, Nicolas di 10 e Matilde di 7. Suo marito…beh…diciamo che non è proprio il tipo di uomo che avrei voluto per lei e il fatto che durante questa quarantena le cose tra loro non siano andate benissimo mi fa un po’ preoccupare. Erika è una superdonna. O meglio, così appare: si è sempre divisa tra ufficio, bambini e casa cercando di non chiedere mai aiuto. Per lei faccio quello che posso e sa che quando ha bisogno ci sono. In questo periodo cerco di ripeterglielo spesso perché credo che la quarantena l’abbia un po’ sfinita. Ma non so se questo basta.
“Unico e multiplo”. Così diceva Elsa Morante per descrivere il corpo di una donna e se pensiamo a quante molteplicità si nascondono dietro il sostantivo mamma non possiamo che darle ragione.
Erika è una delle tante mamme dei nostri giorni: più figli di età e quindi esigenze differenti, un lavoro, magari una situazione di coppia non idilliaca, il bisogno di chiedere aiuto solo quando si arriva al limite. In questo periodo poi alle mamme viene richiesto di ricoprire tanti ruoli h 24, 7 giorni su 7: mamma, insegnante, lavoratrice, casalinga, chef, preparatore atletico, informatica, organizzatrice di momenti educativamente stimolanti. E il tutto deve essere condito da un atteggiamento amorevole e paziente perché occorre rendere sereni i figli e non traumatizzarli più di quanto questa pandemia non abbia già fatto.
E con il ritorno alla “normalità” il carico di lavoro aumenta: lo smart working in alcuni casi viene accantonato, in altri da part time diventa full time e questo vuol dire aggiungere ansie e preoccupazioni, fuori o dentro casa.
Le possibilità di chiedere aiuto si riducono o rendono insicuri e colpevoli (chi mi guarda i figli? Chiamo i nonni? E se si ammalano? Chiamo la tata? E se la contagiamo o ci contagia? Rinuncio a lavorare? E come facciamo a fine mese?).
Purtroppo nella nostra società, anche se mai dichiarato ufficialmente, aleggia il mito che si è brave mamme solo se si è capaci di fare tutto, possibilmente da sole o al massimo supportate dall’altro genitore.
E così sensi di colpa, insofferenza e stress che spesso accompagnano la vita di una mamma, in questi mesi si amplificano e talvolta si fa fatica a poterli esprimere per paura di essere giudicate cattive madri.
Infatti spesso ci si dimentica che tra le mille sfaccettature di una mamma c’è anche quello di essere una donna, con i propri sogni, i propri desideri, la propria necessità di avere tempi e spazi dedicati a se stessa, senza per questo sentirsi in colpa o una mamma inadeguata.
E per rispondere alla domanda finale di Andrea, direi che sicuramente è importante per una mamma in difficoltà sapere che ha qualcuno con cui poter “semplicemente” parlare, ma soprattutto sarebbe ancora più importante sapere di poter essere ascoltata senza giudizi.