Donne e autostima come difesa personale

La violenza contro le donne è un fenomeno diffuso, che si manifesta in molte forme, riguardanti sia la sfera fisica che psicologica. Secondo i dati, per le donne tra i 15 e i 44 anni la violenza resta la prima causa di morte, ancor prima di malattie e incidenti ed è un fenomeno trasversale alla condizione socio-culturale.

L’ambiente in cui si svolge la maggior parte di queste violenze è quello domestico, proprio quello che sembrerebbe più protetto e sicuro per la salvaguardia personale. Le vittime spesso sono insospettabili e possono coincidere con donne che vivono vicine a noi, persone che per estrazione sociale, livello culturale e comportamento non penseremmo mai possano essere maltrattate dal proprio marito, compagno o altro familiare.

Perchè molte donne nascondono la violenza subita

Identificare le donne che subiscono violenza è difficile, anche perché sono loro stesse a nasconderlo il più possibile, a se stesse e agli altri. Un comportamento apparentemente strano, che tuttavia ha un preciso fondamento psicologico: si tratta di una sorta di paralisi emotiva conseguente al trauma, che impedisce alle vittime di realizzare la situazione o di parlarne con qualcuno. Le donne che subiscono maltrattamenti tendono a sentirsi in qualche modo responsabili della violenza subita e a considerare innocente la persona che le ha aggredite. Per questo spesso dimostrano un atteggiamento remissivo, rassegnato e, anche messe di fronte all’evidenza, non mostrano alcuna intenzione a lasciare il marito o compagno violento: dicono e credono loro stesse che si sia trattato solo di un episodio, e non si ripeterà più. Anche quando magari le violenze si protraggono da anni.

Inoltre, purtroppo, c’è anche una sorta di riprovazione sociale verso le vittime di maltrattamenti: le si ritiene in qualche modo complici della violenza subita, perché non hanno reagito o denunciato l’episodio. Le vittime hanno quindi ancora più vergogna nel parlare della loro situazione e preferiscono tacere, continuando a subire i soprusi.

L’autostima come risorsa e l’autodifesa come strumento

Durante l’episodio di violenza, possono esserci due principali reazioni da parte della donna: la paralisi e la resa o il tentativo di reagire. L’attivazione di un comportamento piuttosto che di un altro dipende dalla percezione della situazione e dalla percezione di sé rispetto all’aggressore: ci si può sentire deboli e prive di qualsiasi strumento per reagire, quindi non si riesce a fare nulla, oppure si cerca di reagire, pur consapevoli della propria inferiore forza fisica.

In questo senso, l’autostima è una risorsa importante per prevenire le situazioni di violenza: se ci si ritiene persone degne del rispetto altrui, si percepisce ancor più l’aggressione come ingiusta e si innesca la corretta motivazione per reagire, se possibile ancor prima che la violenza si inneschi.

La stima di sé è un sentimento importante, che va coltivato fin da piccoli (argomento che ho approfondito in un mio precedente articolo), sviluppando la capacità di farsi rispettare, evitando comportamenti remissivi e il costante senso di inferiorità nei confronti degli altri.

Oltre a essere consapevoli del proprio valore e trovare quindi istintivamente la ragione per ribellarsi alla violenza, un aiuto importante può essere quello di conoscere anche alcuni strumenti per decodificare e affrontare la situazione di aggressione, così da sentirsi in qualche modo concretamente capaci di reagire e competenti ad affrontare un certo contesto. Una formazione anche solo basilare sulle strategie di autodifesa personale può rivelarsi in questo senso molto utile: questa disciplina consente di affrontare in modo più lucido la situazione di potenziale pericolo, prima che la paura, naturale e utile campanello d’allarme del rischio che si sta per correre, si trasformi in panico o paralisi psicologica. Grazie alle tecniche di autodifesa sarà più facile interpretare le intenzioni di chi sta per compiere la violenza e attivare le azioni utili ad evitare l’aggressione.

Prevenire e affrontare la violenza parte quindi innanzitutto dalla donna stessa, dal rispetto di sé: riconoscere l’anormalità del fenomeno violento, capire di non meritarlo e parlarne con qualcuno, comprendendo che non c’è nulla di cui vergognarsi, sono passi difficili ma fondamentali da compiere per risolvere la situazione. Nei casi in cui si riveli un percorso troppo difficile da intraprendere da sole, uno psicoterapeuta può offrire un aiuto importante per trovare in sé le giuste risorse e motivazioni per uscire dal problema.